Game of Soaps #2

Il viaggio di MUSA nel magico mondo del sapone prosegue: vi porta indietro nel tempo e in giro per il mondo, dalla Mesopotamia ad Aleppo per approdare in Toscana, alla scoperta di nuove suggestioni.

Ma prima di tutto: che cos’è esattamente il sapone? Si tratta di una sostanza ottenuta dalla reazione chimica che unisce una molecola alcalina (idrossido di sodio o di potassio, carbonati vari, ecc.) e una di grasso (vegetale, come l’olio d’oliva, oppure animale). Questa sostanza è composta da molecole anfipatiche che, quando arrivano sulla pelle insieme all’acqua, agganciano e portano via con sé lo strato di grasso prodotto costantemente dall’epidermide, insieme allo sporco e ai batteri. Ricordatevi che proprio per questo motivo il sapone è ancora l’igienizzante più efficace che ci sia.

La sua storia comincia migliaia di anni fa. La prima ricetta – a base di olio vegetale, sostanze alcaline e acqua – è stata ritrovata su una tavoletta sumera che risale addirittura al 2200 a.C.!

Notizie frammentarie sull’uso del sapone arrivano anche dagli antichi Egizi: dal papiro di Ebers si deduce infatti che utilizzassero a scopi igienici un prodotto ricavato combinando chimicamente oli vegetali e trona (un minerale utilizzato per la produzione della soda).

Nel primo secolo dopo Cristo, ai tempi dell’Impero romano, Plinio il Vecchio scrive che i Germani chiamavano bukete (da cui pare derivi la parola italiana «bucato») la tinozza nella quale si lavavano i panni con acqua e cenere (che saponifica il grasso depositato nei tessuti); e che gli uomini (ma, attenzione, non le donne!) si lavavano i capelli con una sostanza liquida e scivolosa ottenuta dal grasso animale e dalla cenere di faggio. In seguito anche Marziale conferma l’uso cosmetico di una sostanza che chiama sapo, descrivendo come le schiave pettinatrici l’applicassero sulle chiome delle matrone patrizie.

La formulazione che decreta il successo del sapone viene però da Aleppo, intorno all’800 d.C.: la svolta è l’aggiunta di olio d’alloro, di timo e altri profumi, per coprire l’odore di rancido emesso dall’olio d’oliva dopo la lavorazione. Il sapone di Aleppo era uno dei souvenir più ambiti dai crociati per le dame in patria, e ha ispirato una piccola produzione a Marsiglia, a Bristol e nella regione della Castiglia, già nell’XI secolo.

Per trovare qualcosa di simile al sapone che conosciamo oggi, bisogna però aspettare il 1791… (To be continued)

Foto di Claudia Zalla, Styling Studio Testo

La Florentina è una casa fondata da Alighiero Campostrini nel 1894, con l’obiettivo diffondere la cultura toscana nel mondo. Produce saponi solidi e liquidi, creme, candele, profumi per ambienti e altro ancora, attraverso tecniche di lavoro artigianali, tramandate di generazione in generazione e perfezionate nel corso del tempo.

Gli ingredienti utilizzati provengono dal territorio e sono selezionati con estrema cura, nel tentativo di celebrare al meglio la bellezza e l’essenza della Toscana. Le confezioni sono curate in ogni minimo dettaglio, con disegni e illustrazioni originali, ispirati a romantiche atmosfere senza tempo.

In foto: saponetta profumata alla rosa di maggio (della linea «Bellosguardo») e saponetta profumata allo spigo toscano e camomilla (della linea «Giardino segreto»).

Erbario Toscano è un marchio fondato da Guido Bertozzi, rilanciato e oggi gestito dal figlio Egisto: un uomo creativo e passionale, profondamente legato alla sua terra, che considera una «fonte continua di ispirazioni da condividere con il mondo».

Produce cosmetici per la cura del corpo e dei capelli, profumi e fragranze per la casa che vogliono testimoniare un’eleganza raffinata, preservando sempre l’autenticità del territorio. Ogni dettaglio dei prodotti rievoca l’esperienza di un viaggio in Toscana attraverso profumi, immagini e colori.

In foto: sapone «Cuore di pepe nero» (la prima essenza creata da Egisto), con olio di vinaccioli, olio di mandorle dolci e burro di karité; e sapone «Pure rose», con estratti di rosa centifolia, damascena e mosqueta, olio d’argan e olio di mandorle dolci.

Colonna sonora: «Ma che freddo fa», di Nada.

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