Il Festival di Cannes, dal 1950 a oggi: 10 film diretti o interpretati da donne indimenticabili

È terminata da poco più di un mese la 77esima edizione del festival di Cannes, e mentre noi fantastichiamo su questa Croisette e i suoi film che vedremo in sala nei prossimi mesi (Emilia Perez sarà un capolavoro o «solo» un capolavoro camp? Anora di Sean Baker è davvero un Pretty Woman contemporaneo?), anche se sta esplodendo l’estate continuiamo ad avere voglia di cinema. 

Per questo abbiamo pensato di raccogliere qui i nostri consigli cinematografici «a tema Cannes». 10 film che sono passati dalla celebratissima rassegna francese, 10 capolavori da scoprire o da ri-guardare. Titoli che ci hanno colpite ed entusiasmate, diretti da straordinarie registe o interpretati magistralmente da attrici indimenticabili.

Eva contro Eva (All about Eve), 1950, Joseph L. Mankiewicz

Premio della Giuria a Cannes e migliore attrice per Bette Davis, quattordici candidature agli Oscar, di cui sei vinte (tra cui miglior film e miglior regista), inserito nella lista dei cento miglior film della storia del cinema dall’American Film Institute, Eva contro Eva ha una delle migliori sceneggiature mai scritte e une delle migliori interpretazioni femminili mai viste. Bette Davis recita con Anne Baxter in questo dramma sulla caduta di una star di Broadway e l’ascesa di una giovane ambiziosa attrice che vuole usurparne la carriera.
Riflessione acuta sulle dinamiche del potere e delle relazioni nel mondo dello spettacolo, il film riesce a trasformare personaggi complessi e spesso respingenti in figure profondamente umane. Le battute fulminee e i dialoghi incalzanti offrono uno sguardo spietato ma autentico sul mondo del teatro, un microcosmo di emozioni esagerate e rivalità feroci. Con una regia solida a servizio delle magistrali interpretazioni attoriali, Mankiewicz riesce a catturare la vera essenza dei suoi personaggi, rendendoli eterni.

La ciociara, 1960, Vittorio De Sica

Diretto da Vittorio De Sica e tratto dall’omonimo romanzo di Moravia, è una potente esplorazione della brutalità della guerra e della forza femminile. Ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, il film segue Cesira e sua figlia Rosetta mentre cercano di fuggire dalle devastazioni del conflitto rifugiandosi nella campagna italiana. Sophia Loren, che interpreta la protagonista, dà vita ad un personaggio incredibilmente autentico, combinando vulnerabilità e determinazione in un ritratto indimenticabile di una madre che cerca disperatamente di proteggere sua figlia in circostanze disperate. 
Considerato uno dei capolavori del cinema italiano, opera fondamentale del neorealismo e della filmografia di De Sica, consacra Sophia Loren come una delle attrici più talentuose e versatili della sua generazione. Per questo ruolo, infatti, la Loren vince sia a Cannes che agli Oscar –diventando la prima attrice a vincere una statuetta per una performance in una lingua non inglese.

Cleo de 5 à 7 (Cleo dalle 5 alle 7), 1962, Agnes Varda

Il film segue Florence, una giovane cantante conosciuta professionalmente come «Cléo Victoire”, dalle 17 alle 18.30 del 21 giugno, mentre attende i risultati di una biopsia che potrebbe confermare la diagnosi di cancro allo stomaco.
Girato in un bianco e nero affascinante, il film cattura Parigi in tutta la sua vibrante bellezza, mentre la telecamera segue Cléo in un viaggio che è sia fisico che emotivo. Varda utilizza lunghe riprese per creare un senso di intimità e realismo, permettendo al pubblico di immergersi completamente nel mondo della protagonista. Cleo è un affascinante esperimento di reportage soggettivo. L’opera di Varda è incantevole e, essendo completamente focalizzata sulla realtà della protagonista, mantiene una purezza di sguardo e un umorismo commovente, senza alcun sentimentalismo.

Secrets and lies (Segreti e bugie), 1996, Mike Leigh 

Cinque candidature agli Oscar, un Nastro d’Argento, un Golden Globes, Palma d’oro per Mike Leigh e premio per la migliore interpretazione a Brenda Blethyn anche se molto di quello che accade in Segreti e Bugie si svolge come se chi guarda stesse sbirciando dietro gli angoli, osservando i personaggi di Mike Leigh alle prese con un dolore personale, ma sempre nascosto. 
Storia di una donna nera middle class che, alla morte della madre adottiva, decide di risalire alla sua famiglia d’origine: il dramma di Leigh è un film che parla di identità, radici e riconciliazione, riuscendo a catturare l’essenza della condizione umana. È un film commovente e amaro ma alla fine mai disperato, che offre uno sguardo intimo e sincero su come le verità nascoste possano distruggere e, allo stesso tempo, sanare.

Volver, 2006, Pedro Almodóvar

Raimunda (Penélope Cruz) lavora e vive a Madrid con il marito Paco e la figlia Paula. Sua sorella Sole (Lola Dueñas) vive nelle vicinanze ed entrambe sentono la mancanza della madre Irene (Carmen Maura), morta diversi anni prima, in un incendio, insieme al padre. Un’ex vicina di casa riferisce di aver visto il fantasma di Irene, ma le due figlie non le credono. Prix du scenario e premio per la miglior interpretazione al cast femminile,  è un tributo vibrante all’amore materno e alla tempra femminile. Almodóvar intreccia una storia di morte, segreti e rinascita con il suo inconfondibile stile, fatto di colori vividi e narrazioni emotivamente intense. Film che in qualche modo segna l’arrivo della maturità per il regista spagnolo e mostra la sintesi perfetta di alcune istanze per lui fondamentali. È un incontro tra commedia e dramma, corpo e spirito, ma anche una riflessione per trovare un compromesso tra ribellione e accettazione.

Persepolis, 2007, Marjane Satrapi, Vincent Paronnaud 

Storia di formazione adattata dalla graphic novel autobiografica di Marjane Satrapi, Persepolis ci trascina nel tumulto della Rivoluzione iraniana del 1979 attraverso gli occhi di una giovane ragazza. Marjane, con il suo spirito ribelle e la sua curiosità indomita, rappresenta la voce di una generazione in bilico tra tradizione e modernità.
Satrapi e Paronnaud bilanciano magistralmente momenti di humor e tragedia, creando un affresco complesso e affascinante dell’Iran pre e post-rivoluzione. Marjane, mentre cresce, affronta le repressioni di un regime teocratico che stravolge la sua vita e quella della sua famiglia. Le sue esperienze di vita, dai sogni d’infanzia alla ribellione adolescenziale influenzata dalla musica punk, sono narrate con una sincerità disarmante. Premio della giuria a Cannes, Persepolis non è solo un racconto autobiografico, ma un ritratto universale della lotta di chi cerca il proprio posto nel mondo.

La vie d’Adèle (La vita di Adele), 2013, Abdellatif Kechiche

Vincitore all’unanimità della Palma D’oro, La Vita di Adele racconta la storia personalissima di una teenager alla ricerca di se stessa, il suo percorso dalla giovinezza all’età adulta. Un film stupendo e avvincente che riesce a catturare vividamente le emozioni umane, uno sguardo incisivo sul fuoco dirompente del primo amore e sul dolore lancinante del suo svanire.
Kechiche, con uno sguardo realistico e sincero, crea un ritratto intimo e profondamente umano dei suoi personaggi. La chimica tra Exarchopoulos e Léa Seydoux è palpabile e La vita di Adele non racconta solo una storia d’amore, ma ne cattura l’essenza in modo viscerale e onesto.

American Honey, 2016, Andrea Arnold

Dopo Red Road e Fish Tank (entrambi presentati a Cannes e premiati con il premio della giuria) Arnold torna sulla Croisette nel 2016 con American Honey (anche questo film porta a casa il premio della giuria), un road movie che segue Star, una giovanissima di umili origini scappata di casa con un gruppo di ragazzi che attraversano il Midwest, vendendo porta a porta abbonamenti a riviste. 
Con una fotografia immersiva e generosa Arnold intrappola in ogni inquadratura la bellezza e la disperazione dei paesaggi americani. Il film è un ritratto intimo della gioventù, una celebrazione visiva della ricerca di identità e libertà dei suoi protagonisti. Evitando sia la condanna che la glorificazione dei suoi personaggi, Arnold riesce a presentarli con una rara onestà che risuona a lungo dopo la fine del film. La performance di Lane è magnetica, sostenuta da interpretazioni altrettanto intense di Shia LaBeouf e Riley Keough. 

Titane, 2021, Julia Ducournau

Palma d’oro alla regia per Julia Ducornau, che realizza un dramma/horror psicologico inaspettato e conturbante. Alexia è una donna che, dopo essere stata ferita da bambina in un incidente d’auto, si è fatta applicare una placca di titanio sulla testa. In età adulta, Alexia diventa una modella assassina con una strana fascinazione per le automobili.
Il film è un esempio sfolgorante di body horror che ricorda Cronenberg, ma con una sensibilità unica e contemporanea. Ducournau utilizza una palette di colori vividi e uno stile visivo audace per creare un’esperienza sensoriale ipnotica e decisamente disturbante. In Titane, la linea tra femminilità e mascolinità è sottile e permeabile e i suoi personaggi subiscono metamorfosi fisiche ed emotive che sfidano le norme sociali. È una meditazione cruda sulla violenza e la rinascita, un viaggio allucinato attraverso l’orrore e la bellezza che lascia senza fiato.

Anatomie d’une chute (Anatomia di una caduta), 2023, Justine Triet 

Vincitore della Palma d’oro e candidato a cinque premi Oscar – tra cui miglior film, miglior regista, migliore attrice prot e migliore sceneggiatura originale (categoria in cui ha vinto), Anatomia di una caduta è un dramma teso, un’indagine incalzante su una morte ma soprattutto su un un matrimonio, uno scavo profondo nelle dinamiche relazionali di una coppia. Sostenuto da un’interpretazione impeccabile di Sandra Huller è un’esplorazione avvincente di temi complessi senza che, nel finale, sia possibile trarne conclusioni dogmatiche o streotipate.
La sceneggiatura, scritta da Triet con il compagno, l’attore e regista Arthur Arari, è costruita su dialoghi intensi e serratissimi, alternati a momenti di lucida introspezione che rendono difficile dimenticare questi personaggi.

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