PICCOLE DONNE, Louisa May Alcott

Per la nostra rubrica dedicata ai libri, questo mese parliamo di Piccole donne, di Louisa May Alcott – pietra miliare della letteratura per ragazze, che non ha certo bisogno di presentazioni.

Questa volta abbiamo deciso di cimentarci in una recensione a sei mani (le mani di Federica, Letizia e Stefania, per la precisione), cercando di restituirvi un ritratto di ognuna delle quattro sorelle March, spiegandovi perché le amiamo e perché dovreste farlo anche voi… Buona lettura!

MEG MARCH

Meg March, illustrazione di Monica Zulian per MUSA

Meg è la maggiore delle quattro sorelle March. La più affidabile, equilibrata e matura, quella su cui tutte le altre possono contare. Una seconda mamma – dolcissima, ma ferma – una piccola signorinetta responsabile e caparbia, che si occupa della casa e della famiglia quando la vera mamma non c’è. Ha un unico punto debole: la vanità. E come sempre accade, in letteratura e nella vita, c’è molto da scoprire su chi sembra reggere il peso del mondo sulle proprie spalle.

Questa breve introduzione restituisce un ritratto piatto e bidimensionale di un personaggio interessante e complesso che, in verità – sulle pagine del libro e al cinema – ha sempre saputo regalarci grandi emozioni.

Nel riadattamento cinematografico di Greta Gerwig, Meg ha (inaspettatamente?) il volto di Emma Watson, che ha il merito di restituirle una vitalità accesa, grazie a suoi grandi sorrisi luminosi e all’intensità profonda e viva dei suoi furbi occhi scuri. È la preferita di Stefania, che vi spiega subito perché.

Cinque motivi per amare Meg March:

1. Meg è una su cui puoi contare. Nel caos più totale e quando serve qualcuno che sedi una lite, per organizzare una festa o uno scherzo, se vuoi farti una risata o hai davvero bisogno di un’opinione sincera, su qualcuno o qualcosa. Lei c’è. Però non è il tipo da farsi mettere i piedi in testa: sa dire di no, mantenere le distanze, insegnare le buone maniere a tutti e addomesticare addirittura Jo che, con l’esuberanza di cui parleremo, mette continuamente a repentaglio la sua reputazione durante le (rare) occasioni mondane a cui partecipano insieme.
2. Dimostra sempre, con i fatti, di avere un cuore buono e generoso, ma sa sfoderare anche una cinica ironia, che la rende molto umana – e simpatica. Riesce ad andare in villeggiatura a casa della ricca coetanea Annie Moffat, grazie a un piccolo incidente: «”È una vera fortuna che quei bambini si siano presi il morbillo proprio ora”, disse Meg un giorno d’aprile mentre era in camera sua a preparare il baule dei viaggi importanti». Un’interruzione del suo lavoro di babysitter le consente di andare in vacanza da un’amica: qualcuno la può biasimare?
3. È una persona autentica e pura, alle prese con tutte le contraddizioni dell’animo umano. Quella settimana di villeggiatura è centrale nel libro (ma anche nel film) e nella vicenda umana di Meg March. È in quell’occasione, infatti, che cambia addirittura il suo nome (si fa chiamare Daisy), ma non solo: le amiche ricche le prestano abiti e accessori e lei si lascia agghindare proprio come una bambola. Danza e civetta con molti uomini, beve qualche bicchiere di troppo, vive un’altra vita, dimenticandosi per un attimo di povertà e privazioni, sacrifici e malinconie. Asseconda la sua vanità (chi non vorrebbe un abito nuovo, un filo di trucco, una serata senza pensieri?), ma quando capisce quel che sta succedendo se ne vergogna, si pente, vuole tornare a quel che conta davvero: la sua famiglia, gli affetti, i sentimenti e le persone che hanno bisogno di lei, di cui lei ha bisogno.
4. Le piace essere bella, prendersi cura di sé e della sua persona (sogna guanti nuovi, calze di seta, ventagli e stoffe pregiate per confezionare abiti specialissimi) ma sa rinunciare a tutto per amore. Sposa uno squattrinato istitutore, John Brooke, e per lui rinuncia a qualsiasi velleità, senza mai pentirsene (per quel che ne sappiamo noi).
5. È saggia, e nonostante i suoi lati oscuri, sa prendersi sempre il meglio, dalle persone che la circondano e da quel che le accade.

Una ragione in più: sa essere sincera con se stessa e con gli altri: «Non devi dispiacerti. Non lascerò che questa cosa mi ferisca; dimenticherò questa brutta storia e ricorderò solo cose belle, perché in fin dei conti mi sono divertita un sacco e ti ringrazio per avermi lasciata andare. Non vorrei sembrarti una donna troppo sentimentale e sempre insoddisfatta, mamma; so di essere una ragazzina sciocca, e starò vicino a te finché non sarò in grado di badare a me stessa. Ma è così bello ricevere lodi e complimenti, e non posso negare che mi piace”».

Cosmetico consigliato: un’acqua di rosa (Robert’s o Santa Maria Novella, va bene lo stesso) e un profumo fiorito. Una fragranza preziosa, intensa, rara e pregiata. Cara Meg, spruzzalo copiosamente, vorrei abbracciarti e dirti che te lo meriti.

JO MARCH

Jo March, illustrazione di Monica Zulian per MUSA

Jo è senza dubbio la sorella March più amata dalle lettrici di Piccole donne. È anche la preferita dell’autrice, Louisa May Alcott, che la disegna a sua ideale somiglianza.

«Il carattere impulsivo, la lingua tagliente e lo spirito indomito non facevano che metterla nei guai, e la sua vita era una sequenza di alti e bassi, buffi e patetici al tempo stesso». Inarrestabile, indipendente e coraggiosa, appassionata, generosissima e feroce, fragile ma indistruttibile: Jo March è un’eroina senza tempo che scalpita, strepita, sbaglia, cambia idea, fa i conti ogni giorno con la parte più buia di sé, lottando con tutte le sue forze per tenerla a bada.

Interpretata da una sensazionale Saorsie Ronan che (quasi) tutti hanno trovato perfetta – è stata candidata agli Oscar 2020 come migliore attrice protagonista – ma anche da una meravigliosa Winona Ryder (nella versione cinematografica del 1994), Jo è un’icona: una creatura quasi mitologica e un personaggio letterario di indimenticabile complessità. È la preferita di Letizia, che adesso vi spiega perché:

Cinque motivi per amare Jo March:

1. È capace di dedicarsi all’arte con slancio e determinazione – legge, scrive, dirige, si impegna, non si ferma davanti agli ostacoli, si impegna di più, prova e riprova ancora, finché ci riesce.
2. È una ragazza inquieta – «somiglia a un puledro, con lunghe gambe e un’espressione risoluta» – e, in mezzo al fiume di miele che scorre in Piccole donne, ci fa intravedere un po’ di oscurità. In un momento di profondo sconforto, dopo aver visto la sorella Amy fare un incidente sui pattini di cui si ritiene responsabile, confessa alla madre: «Tu non capisci, non puoi neanche immaginare quanto sia terribile… Potrei fare qualunque cosa quando sono in balia del furore! Divento così feroce che potrei anche fare del male e goderne! Ho paura che prima o poi farò qualcosa di così orribile da rovinarmi la vita e farmi odiare da tutti…».
3. È anche il personaggio preferito di Patty Smith, che in un bellissimo pezzo su The Paris Review scrive: «I recognized myself, as if in a mirror, the lanky headstrong girl, who raced on foot, ripped her skirts climbing trees, spoke in common slang, and denounced social pretensions. A girl who could be found leaning against a great oak with a book, or at her desk in the attic bowed over a manuscript. She was Josephine March. Even her name breathed freedom, a girl called Jo.» [Mi sono riconosciuta, come in uno specchio, nella ragazzona caparbia che corre, si strappa la gonna arrampicandosi sugli alberi, non usa eleganti giri di parole e si lamenta delle convenzioni sociali. Una ragazza che puoi trovare sotto una grande quercia mentre legge un libro, o alla sua scrivania in soffitta, china su un manoscritto. Lei è Josephine March. Perfino il suo nome sa di libertà, una ragazza di nome Jo.]
4. È la più coraggiosa. Perché sì, ok, quando rileggi a 30, 45, 62 o 93 anni Piccole donne riesci anche ad apprezzare il tormento di Meg, il misticismo di Beth e la terribile voglia di vivere di Amy, ma quando ne hai 8 e sei sola con le tue storie più di tutto vuoi diventare una ragazza intelligente, forte e libera, che fa innamorare ma che ha anche altro da fare, che prende in mano la sua vita e corre spettinata verso un futuro avventuroso.
5. Non dimentichiamoci mai di quant’è simpatica: promette a Meg dei boccoli perfetti e finisce per bruciarle la chioma prima di una festa, un minuto prima di uscire.

Una ragione in più: Jo si taglia i capelli per venderli e darne il ricavato alla madre in partenza per il fronte, per raggiungere il padre ferito. È l’unica delle quattro sorelle capace di un gesto d’amore tanto generoso che le procura, pur non volendolo, un’enorme sofferenza.

Cosmetico consigliato: Jo non ha bisogno di cosmetici. L’unica cosa che ci sentiamo di consigliare a tutte voi, che fate tardi davanti al computer a scrivere, è un contorno occhi alla caffeina di The Ordinary. Pratico, economico, efficace. Ci auguriamo che possiate realizzare i vostri sogni, che non abbiate rimpianti, che siate capaci di combattere per tutto quello in cui credete e per le persone che amate, proprio come ha fatto lei, con uno sguardo più luminoso che mai.

BETH MARCH

Beth March, illustrazione di Monica Zulian per MUSA

Benché non sia la più piccola tra le sorelle March, Beth – la dolce pianista autodidatta – è la più coccolata e quella che gode di maggior protezione da parte degli altri membri della famiglia. Greta Gerwig affida il ruolo alla giovane Eliza Scanlen che, con il suo sguardo schivo e la presenza scenica poco ingombrante, sembra incarnare perfettamente la sensibile, altruista ed eccessivamente timida Beth.

Beth non si può odiare – a meno che non siate degli aridi cuori di pietra a cui non piacciono neanche i cuccioli – ma parliamoci chiaro: risulta sempre la sorella più noiosetta, nonostante incarni un dramma vero (la malattia e la morte), quella le cui scene possiamo anche permetterci di saltare… mandando avanti veloce. Ma sarebbe un peccato. La verità è che non è la preferita di nessuno, ma la amiamo tutte, e proviamo a spiegarvi perché.

Cinque motivi per amare Beth March:

1. È un’inguaribile ottimista che sa vedere il buono in ognuno. Insomma, se tutti fossimo come Beth il mondo sarebbe decisamente un posto migliore.
2. Ha una forza d’animo immensa: non solo nella debolezza trova la forza di aiutare chi è ancora più debole, non solo nella povertà riesce a gioire delle piccole cose, ma anche e soprattutto nella malattia si mostra forte e positiva per cercare di proteggere i suoi cari dalla sofferenza.
3. È il personaggio ad avere l’impatto più forte sulle sorelle, rendendole persone migliori. E la cosa straordinaria è che non lo fa con discorsi retorici o con la presunzione di voler correggere qualche atteggiamento: lo fa con il suo esempio, essendo se stessa, continuando a compiere buone azioni e donando gentilezza.
4. Ha un rapporto bellissimo con il signor Laurence. Beth è l’unica che riesce a penetrare la scorza del burbero vicino, che si affeziona a lei come fosse la nipote – anzi, proprio perché le ricorda la sua piccola nipotina. È grazie a Beth se il signor Laurence inizia a prendersi cura delle sorelle March, è grazie a Beth che smussa gli angoli del suo carattere avvicinandosi al nipote Laurie, ed è grazie a lei se ritrova la felicità e la leggerezza d’animo perdute alla morte del figlio e della nuora. Il loro primo abbraccio tra il sognor Laurence e Beth è una delle scene più commoventi e indimenticabili del libro: «”Sono venuta a ringraziarvi, signore, per…” ma non finì la frase perché il vecchio la guardava con un’espressione così affabile da farle dimenticare cosa doveva dire; e, ricordando solo che aveva perso la nipotina che amava tanto, gli gettò le braccia al collo e lo baciò. Se il tetto della casa fosse crollato all’improvviso, il vecchio gentiluomo non sarebbe stato più stupito; ma la cosa gli piacque – oh, sì!, gli piacque tantissimo. E fu tanta la contentezza e la commozione per quel piccolo bacio pieno di fiducia che tutta la sua scontrosità svanì all’istante».
5. Per la sua bambola preferita, che non ha braccia, né gambe, né testa (vittima di un’orrenda mutilazione da parte di Jo), ma lei non l’abbandona, anzi, se ne prende cura come se fosse il più bello di tutti i giochi. Eddài, come si fa a non voler bene a Beth?

Una ragione in più: diciamocelo onestamente: in tutti i numerosi adattamenti cinematografici, Beth è sempre stata vittima di un casting un po’ infelice. Da Jean Parker (forse la più riuscita) a Claire Danes fino ad arrivare a Eliza Scanlen. Non vogliamo discutere le capacità interpretative delle attrici citate, è più una questione di presenza scenica. La Scanlen rappresenta forse al meglio l’eccessiva timidezza di Beth (eccessiva, per l’appunto), ma tutte le interpreti sono sempre state messe in ombra dalle compagne di scena, sembrando fin dal primo fotogramma un po’ sbiadite. L’unica sfortuna di Beth invece è la malattia, ma nel romanzo conserva una personalità forte e ben definita: come le sue sorelle, sa bene quel che vuole e lavora per ottenerlo, ma spesso la sua mitezza viene scambiata per debolezza di carattere. Non è giusto: è ora che Beth abbia il suo riscatto.

Cosmetico consigliato: una pomata, meglio se con proprietà curative. Perché a Beth non interessa apparire, ma solo far del bene. Per lei e per tutte voi, votate all’altruismo, abbiamo scelto le pomate Bioheart della linea The Herbalist – in particolare quella alla Calendula, che ha un’azione eudermica e lenitiva. Quel che ci vuole per coccolare le persone che amiamo.

AMY MARCH

Amy è la più piccola delle quattro sorelle March. In famiglia la chiamano «il piccolo Raffaello», per via della sua grande passione per il disegno e la pittura. Graziosa, civettuola, ambiziosa ma con un cuore d’oro, nel film di Greta Gerwig è interpretata da un’irresistibile Florence Pugh – candidata agli Oscar 2020 come miglior attrice non protagonista proprio per questo ruolo (che nel 1994 fu di una giovanissima Kristen Dunst).

Da sempre descritta come la sorella più viziata, vanitosa e capricciosa (è stata lei a bruciare i racconti di Jo, per vendicarsi di non essere potuta andare a teatro con le sorelle più grandi), Amy March risulta spesso la meno amata tra le componenti della famiglia. Ma Federica è qui per spiegarvi quanto vi sbagliate.

Cinque motivi per amare Amy March:

1. È l’unica che ha il coraggio di litigare con Jo – e che sa tenerle testa – in un mondo in cui tutte vogliono essere Jo.
2. Ha voglia di vivere da vendere. È allegra, spensierata e, soprattutto, autenticamente simpatica – a volte consapevolmente, altre no. Sta di fatto che probabilmente rimane l’unica sorella capace di farci ridere davvero.
3. È la più onesta. Non reprime i suoi desideri, anzi li chiama per nome (uno di questi nomi è «Laurie»!); insegue i suoi sogni e lo dice apertamente, senza il timore di sembrare vulnerabile o egoista.
4. È il personaggio che compie l’evoluzione maggiore tra tutte le sorelle, ma anche tra i vari personaggi che ruotano attorno alla famiglia March. Parte acerba, concentrata soltanto su se stessa (ma chi non lo è a 12 anni?) e diventa una giovane sofisticata, acculturata, matura e responsabile. Sa farsi amare da zia March – che non brilla certo per tolleranza e simpatia – e la sa ascoltare. È capace di riconoscere i suoi difetti e lavora sodo per migliorarli. È ambiziosa ma pratica, gentile ma tagliente, determinata ma dolce, riconosce i suoi limiti e – anche quando non le piacciono affatto – li guarda dritti in faccia. È artefice del suo destino, ma più di tutti è l’unica sorella che conosciamo da ragazzina e salutiamo da piccola donna.
5. Rileggiamo un passo dal libro: «se qualcuno avesse chiesto a Amy quale fosse la croce più grande della sua vita, avrebbe risposto subito “il mio naso”. Quand’era piccola, Jo per sbaglio l’aveva fatta cadere dentro la cassa del carbone e Amy era convinta che quella caduta le avesse rovinato la vita per sempre». Come si fa a non amare una ragazzina che decide di dormire tutte le notti con una molletta al naso, pensando di risvegliarsi un giorno con un bel nasino alla francese? No pain no gain? Ce l’ha insegnato Amy March, molto prima di Jane Fonda.

Una ragione in più: non dimentichiamoci mai l’orgoglio e la fierezza con cui Amy affronta la punizione del suo insegnante, Mr. Davis, che la picchia e la umilia di fronte all’intera classe, dopo averla scoperta con un cartoccio di vietatissime «limette» al limone nascoste sotto al banco: «Durante i quindici minuti che seguirono, la fiera e sensibile ragazzina subì un’onta e un dolore che non avrebbe mai più dimenticato.» Amy sopporta in silenzio, senza mai abbassare lo sguardo: «Mr Davis non dimenticò tanto presto l’occhiataccia di rimprovero che gli lanciò Amy prima di avviarsi, senza rivolgere la parola a nessuno, verso l’anticamera, dove raccolse le sue cose, e decise di lasciare “per sempre” quel posto, come ripromise a se stessa in preda all’ira». Be’, se a qualcuno fosse sfuggito, concludiamo ricordando che Amy in quella scuola non ci tornò più e per davvero. E per capire fino a che punto questa ragazzina sapesse il fatto suo, concludiamo sottolineando che – anche con il suo amato Laurie – sappiamo tutti come è andata a finire… no?

Cosmetico consigliato: un lucidalabbra. Perché è il primo cosmetico che abbiamo desiderato tutte da bambine e forse anche il primo che i genitori ci hanno permesso di usare. Per tutte le Amy in ascolto, abbiamo scelto Glossy Venom Hydrating Lipgloss di Madara Cosmetics – un lipgloss dalla formulazione vegana che regala un’idratazione profonda, capace di lucidare e colorare le labbra senza appiccicare. Segnaliamo in particolare la colorazione Vynil Hood che @leitalienne ha utilizzato nel suo tutorial per MUSA.

Abbiamo un bonus extra: Theodore Laurence, detto Laurie. O Teddy (ma solo per Jo). Il fatto, però, è che noi non parliamo mai di uomini su MUSA… Perciò vi lasciamo semplicemente con la bella illustrazione di Monica. E con un sorriso. E un salutone a Timothée Chalamet nostro, che l’ha interpretato.

Laurie, illustrazione di Monica Zulian per MUSA

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