Resoconto, Rachel Cusk

È stato definito «a lethally intelligent novel», una «new design fiction» che ha demolito e rifondato il romanzo. È, per il New York Times, tra i quindici libri straordinari scritti da donne che stanno definendo il modo in cui leggiamo e scriviamo fiction nel XXI secolo.

Ci sembra quindi che una delle muse che meritano il nostro comodino per una parte del 2019 sia senza dubbio Rachel Cusk.

Resoconto è l’inizio di una trilogia che continua con Transiti, già disponibile in italiano, e Kudos, in traduzione (tutti per Einaudi). Qui si parlerà solo del primo capitolo, perché è l’unico letto finora, ma invitiamo chiunque a iniziare e continuare, come farà senza dubbio chi sta scrivendo.

La trama, esilissima, si rintraccia in rapidi movimenti: una donna è in volo verso Atene, terrà qui un corso di scrittura creativa. Durante il viaggio conosce un uomo di cui ascolta attenta la storia, così come farà con le persone che incontra o ricorda nei giorni successivi – la donna con cui divide l’appartamento, gli iscritti al corso, un vecchio amico scrittore. Il resoconto di queste conversazioni, di ogni storia o osservazione ascoltata e di qualche azione appena accennata, costituisce il libro: 192 pagine di io sorprendente.

Come hanno già scritto, in molti e meglio prima di me, la voce di questo io, Faye, è incredibilmente inedita: una «voce-orecchio» in grado di filtrare chirurgicamente la realtà e restituirla a chi legge aggiungendo ogni tanto qualcosa. Un punto di vista che si fonde con quello degli altri, facendo – quasi – scomparire l’identità di chi parla dietro storie, volti e fulminanti riflessioni. Sarà Faye stessa a dire che è «sempre più convinta dei pregi della passività, e del vivere una vita contrassegnata il meno possibile dall’ostinazione». Questa passività, un silenzio denso e attento nelle conversazioni, invita gli altri alla confessione, al più intimo racconto di sé, mentre il profilo di chi ascolta resta appena accennato.

Di Faye, infatti, sappiamo pochissimo. È divorziata, scrive, ha dei figli, cerca «un modo diverso di vivere nel mondo». Sappiamo molto, invece, di Rachel, che con fatica teniamo separata dal suo personaggio. Cusk ha infatti a lungo raccontato di sé in due memoir precedenti, A Life’s Work (2002) e Aftermath (2012), in cui ha parlato della sua prima figlia, del divorzio, della vita adulta.

E oltre ogni possibile sovrapposizione tra le due donne, quello che di Faye ci dice Rachel è senza dubbio il momento della vita ora abitato, l’altezza da cui lo sguardo si posa sulla realtà: Faye è un’adulta che ha amato un uomo da cui poi si è allontanata e con il quale ha contrattato una fine; è una madre che vede e ammette le difficoltà accanto alle gioie, i conflitti insieme all’amore; è una donna che cerca un modo per affermare la sua autonomia, in mezzo al frastuono delle voci che tentano di definirla.

Nel trascrivere ciò che, nonostante la passività, continua ad accadere a Faye e nelle «frasi killer» di cui questo resoconto è puntellato, l’autrice prova a riflettere sull’identità femminile, scomponendola in infiniti tasselli fino a spersonalizzare, de-materializzare il corpo che parla e vive nella pagina: così come avviene per la scrittura, il personaggio tende a coincidere con la sua voce – pura, limpida, senza corpo.

Le questioni che in queste pagine affiorano senza mai bucare la superficie sono infinite, ogni lettore troverà le proprie – cosa capiamo davvero degli altri? Qual è il valore politico del silenzio? Come è possibile essere oggi una donna adulta fuori dalle costrizioni sociali che continuamente ti definiscono? Resoconto si assume il rischio di un’audace risposta estremamente contemporanea che passa dalla voce, sempre chiara mai tremante, di una donna inafferrabile.

Rachel Cusk, RESOCONTO, Einaudi (2018), 17€

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