10 (bellissimi) film da Oscar, diretti da donne straordinarie, da vedere o rivedere subito

A poco più di una settimana dagli Oscar ancora non mi ancora sono tolta dalla mente Sydney Sweeney nel vestito di Angelina Jolie (quindi ci si accorge così, che sono passati vent’anni?) e John Cena quasi completamente nudo (con una forma fisica che sinceramente pensavo essere prerogativa di Action Man e non di un essere umano). Ma, soprattutto, non riesco a smettere di pensare che, dei tre film diretti da donne (Gerwig, Song e Triet) e candidati all’Oscar come Best Picture (miglior film), nessuno abbia vinto. 
 
Si sa, da questo punto di vista i numeri sono un po’ deprimenti.
 
Giusto per fare un piccolo spiegone introduttivo: in 96 anni di vita degli Oscar, su 601 film nominati nella categoria Best Picture, solo 22 erano diretti da una donna.
 
Sono otto, in totale, le donne candidate per la miglior regia (la prima volta nel 1977 con Lina Wertmüller!). Di queste, solo tre hanno vinto la statuetta. La prima volta nel 2010 con Kathryn Bigelow, che batte anche il suo ex marito James Cameron (io un po’ fantastico su quanto possa essere stata grande la soddisfazione… ma sicuramente Bigelow è meno meschina di me).
 
Con queste statistiche nel cuore, qui ci piaceva comunque celebrare e suggerire 10 bellissimi film diretti da donne e candidati all’Oscar come miglior film nella storia dell’Academy. 
 
Lezioni di Piano (The Piano), 2021, regia di Jane Campion

Candidata qui per la prima volta all’Oscar (lo vincerà solo nel 2022 con The Power of The Dog) Jane Campion realizza un dramma epico e struggente, con un cast gigantesco (tra cui spicca Anna Paquin che, appena dodicenne, vince la statuetta come per Best Supporting Actress) e con le musiche indimenticabili di Micheal Neyman. È la storia di una donna muta dall’età di sei anni (Holly Hunter, superba, anche lei per il ruolo vince l’Oscar), costretta a trasferirsi in Nuova Zelanda con la figlia per raggiungere il nuovo marito (Sam Neil) sposato senza conoscerlo. Sradicata lì e senza poter suonare il piano, il suo unico modo per comunicare con il mondo, trova un accordo per farlo dando lezioni ad un affascinante ed enigmatico Harvey Keitel. Campion con la sua regia cupa e allo stesso tempo ariosa, che si muove libera nei paesaggi neozelandesi, ricorda le atmosfere impetuose e selvagge di Cime tempestose e racconta, con un’appassionata storia d’amore, lo scontro eterno tra desiderio e morale.

Nomadland, 2021, regia di Chloé Zhao
Tratto dal libro della giornalista Jessica Bruder, Nomadland ha vinto l’Oscar sia per la migliore regia, sia per il miglior film. È il racconto della vita di Fern (interpretata da una straordianria Frances McDormand, vincitrice anche della statuetta come migliore attrice protagonista) che, dopo la morte del marito, lascia la sua casa e inizia una vita da nomade, prestandosi a fare diversi lavori molto umili per mantenersi, viaggiando attraversando gli Stati Uniti. Una storia piccola e allo stesso tempo fortemente universale, alla quale la regia lirica e perfetta di Zhao fa da perfetto contraltare.

Il principe delle maree (The Prince of Tides), 1991, regia di Barbra Streisand
Tom Wingo è un insegnante disoccupato che vive con la moglie e le figlie in South Carolina. Quando scopre che la sorella Savannah ha tentato un’altra volta il suicidio, Tom accetta di recarsi a New York per aiutare la sua psichiatra a far luce sul passato della sorella. Ma l’incontro offre anche a lui l’occasione di affrontare i fantasmi della propria infanzia. Con un ammirevole equilibrio tra il dramma psicologico e il sentimentale, la trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo bestseller di Pat Conroy, diretta, interpretata e prodotta da Barbra Streisand è un’opera avvincente sulla difficoltà di convivere con il passato e sulla complessità dei rapporti umani.

CODA – I segni del cuore (CODA), 2022, regia di Sian Heder
Remake de La famiglia Bélier, film francese del 2014, ha vinto tre premi Oscar su tre candidature: miglior film, migliore sceneggiatura non originale e miglior attore non protagonista (per Troy Ktsur). Il titolo originale, CODA, è l’acronimo di child of deaf adult: il film, infatti, è il racconto di formazione di Ruby (una bravissima Emilia Jones) unica persona udente nella sua famiglia che, attraverso il canto, riesce a trovare se stessa e il suo posto nel mondo.
La sceneggiatura brillante di Heder e la sua regia impeccabile – che sfrutta abilmente la musica, le voci e il silenzio –, contribuiscono alla realizzazione di un film commovente e allo stesso tempo leggero, con dei personaggi con cui è facile empatizzare e una storia emozionante che parla di legami familiari e amore.

Risvegli (Awakenings), 1990, regia di Penny Marshall
Basato sui ricordi e le esperienze di Oliver Sacks (raccolte in un suo libro omonimo), Risvegli è ambientato principalmente all’interno di una clinica e racconta di un medico che inizia a somministrare nuove terapia ad alcuni pazienti affetti da catatonia, ottenendo risultati insperati. Marshall (che poi girerà anche quel gioiello di Ragazze Vincenti) dirige magistralmente due attori giganteschi come Robin Williams e De Niro (candidato all’Oscar per questo ruolo) in questo dramma commovente sul cercare di sfruttare al meglio le possibilità della vita. 

Selma – La strada per la libertà (Selma), 2015, regia di Ava DuVernay
Il film fotografa la vita di Martin Luther King dalla vittoria del Premio Nobel per la Pace nel 1964 fino alla marcia di Selma del 1965 – momento che segnò l’apice della rivolta per il diritto di voto alle persone nere in America e poco precedente alla morte di King. Con il suo approccio registico vivace e senza compromessi, DuVernay realizza un biopic toccante, usando a suo vantaggio meccanismi narrativi del cinema di genere per costruire una narrazione ritmata e implacabile e per raccontare una parte di storia ancora fondamentale e istruttiva per la nostra contemporaneità. 

Una donna promettente (Promising Young Lady), 2020, regia di Emerald Fennell
Storia di vendetta da cui è difficile distogliere lo sguardo, Una donna promettente è stato anche il debutto registico di Fennell (qui nei panni anche di sceneggiatrice e produttrice). Ci sono tutti gli elementi che che la caratterizzano come regista, una storia conturbante ben radicata nello zeigeist contemporaneo, un’estetica pop e allo stesso tempo decandete, belle immagini e ottime performance attoriali – qui in particolare una Carey Mulligan agghiacciante e un Bo Burnham inaspettato.

An Education, 2009, regia di Lone Scherfig
È la regia sottile di Lone Scherfig e la sceneggiatura ponderata di Hornby (candidata alll’Oscar) a rendere An Education un film così interessante. Ambientata negli anni Sessanta, è la storia sul passaggio dall’adolescenza alla maturità di una giovane ragazza, la sua educazione sentimentale e sessuale. Arricchita da una prova impeccabile da parte di Carey Mulligan e Peter Sarsgaard è film appassionante dove Scherfig cattura perfettamente le ambientazioni e le atmosfere di quegli anni così trasformativi.

The Hurt Locker, 2010, regia di Kathryn Bigelow
In Iraq, una squadra di artificieri dell’esercito americano, specializzata a rinvenire e neutralizzare ogni tipo di ordigno esplosivo, si avventura in una delle tante città colpite dalla guerra per una missione altamente rischiosa. Vincitore dell’Oscar come miglior film e per la migliore regia è un film che offre un punto di vista alternativo sulla guerra, focalizzandosi sul senso di alienazione, sul sottile confine tra adrenalina e dipendenza che il conflitto instilla negli individui.
Con un montaggio ritmato e ansiogeno, uno stile asciutto e semi documentaristico, pochi grandi nomi (all’epoca Jeremy Renner e Anthony Mackie non ero ancora star Marvel e non) Bigelow investiga lucidamente l’uomo (militare e non solo), le sue paure e i suoi desideri.

Figli di un dio minore (Children of a Lesser God), 1986, regia di Randa Haines
William Hurt e Marleen Matlin, insieme, per un dramma sentimentale che racconta la storia d’amore tra James Leeds – insegnante in un istituto per persone sorde – e la custude non udente dell’istituto, Sarah Norman. Tratto da una celebre piece teatrale, il film si regge sulla regia delicata e intimistica di Haines e sulle interpretazioni impeccabili dei due protagonisti (non a casa Matlin vincerà l’Oscar come miglior attrice protagonista per la sua indimenticabile interpretazione).

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