Sbiancamento dentale

«Perché i miei denti non sono bianchi? Li voglio più bianchi! Bianchissimi!». Questa è la frase che, da igienista dentale, mi sento ripetere più di frequente durante la giornata lavorativa… E non sono la sola, dato che – stando ai dati pubblicati nel 2017 sull’Italian Dental Journal e diffusi dall’Accademia Italiana di Odontoiatria, Conservativa e Restaurativa (AIC) – la richiesta di trattamenti sbiancanti è in crescita costante del 15% circa, ogni anno. Si stima, inoltre, che almeno un italiano su due abbia utilizzato dentifrici, gel, collutori e altri prodotti sbiancanti «fai da te», per una spesa che supera il miliardo di euro. Questa richiesta importante, purtroppo, è però supportata da una miriade di informazioni, spesso in contraddizione tra loro, che non sono basate su studi e dati scientifici, ma su sponsorizzazioni.

Vi siete mai chiesti quali possano essere gli effetti dell’uso costante e indiscriminato di prodotti «whitening» sui vostri denti? Sapete in che modo e con quali metodi si riesce davvero a sbiancare i denti?

Per capire meglio di cosa stiamo parlando bisogna partire dalle basi e analizzare il colore dei denti. Senza addentrarci troppo in spiegazioni tecniche, sappiamo che il colore di un oggetto viene percepito dai nostri occhi in base alla componente di luce visibile che viene riflessa, secondo la sua specifica lunghezza d’onda. Nel caso dei denti, ci sono molti fattori che influenzano tale processo, e i più importanti sono:

• la natura intrinseca dei tessuti dentari e le loro caratteristiche fisiche (come la trasparenza, l’opacità e la traslucenza);
• lo spessore e il grado di mineralizzazione dello smalto;
• l’età della persona;
• lo stato di usura del dente.

Illustrazione di Silvia Gherra per MUSA

Spesso, il fattore determinante per chi richiede uno sbiancamento è la presenza di macchie sulla superficie dei denti. Queste possono essere di due tipologie: estrinseche e intrinseche. A seconda della loro natura, richiedono due tipi di trattamento totalmente diversi.

Le discromie estrinseche, sono le macchie che si formano dopo l’eruzione del dente e dipendono da fattori esterni, legati spesso al nostro stile di vita. Sono causate principalmente da cibi e bevande colorate come tè, caffè, liquirizia, cioccolato, aceto balsamico e vino rosso. Anche il fumo, la scarsa igiene orale e l’utilizzo di collutori contenti sostanze come clorexidina o floruro stannoso possono scurire e far ingiallire i nostri denti. È importantissimo ricordare che per togliere queste macchie basta una seduta di igiene orale professionale, durante la quale, dopo aver rimosso placca e tartaro, si procede alla rimozione delle macchie attraverso l’utilizzo di polveri (Air-Flow) o di paste abrasive passate con uno spazzolino o una coppetta.

Tutti i dentifrici sbiancanti che troviamo al supermercato agiscono su questo tipo macchie, perché contengono sostanze abrasive, come ad esempio il bicarbonato. Bisogna prestare però molta attenzione, perché l’utilizzo regolare e prolungato nel tempo di questi prodotti può portare a ottenere l’effetto contrario: lo smalto, infatti, rischia di assottigliarsi e indebolirsi, mostrando sempre di più lo strato sottostante di dentina… che ha un colore giallo/marrone. C’è il rischio, inoltre, che aumenti la sensibilità e che il dente sia più aggredibile da parte dei batteri.

Le discromie intrinseche, invece, sono le macchie interne ai tessuti duri del dente. Le cause principali possono essere l’assunzione di sostanze quali tetracicline o fluoro in grande quantità durante la fase di mineralizzazione dello smalto.
Queste macchie, insieme alle discolorazioni (ovvero ai mutamenti di colore dovuti all’invecchiamento fisiologico della struttura interna del dente), vengono trattate con lo sbiancamento professionale: un trattamento che può essere effettuato, dopo un’accurata valutazione del paziente, unicamente dal dentista o dall’igienista dentale.

Il principio attivo utilizzato e riconosciuto come efficace e sicuro per la salute dei denti è il perossido di idrogeno, il quale riesce a penetrare all’interno dei prismi dello smalto fino alla dentina, ossidando i pigmenti e scomponendoli in molecole più piccole e incolori. In tal modo avviene una scissione delle sostanze pigmentanti in composti a peso molecolare sempre minore, che rifletteranno la luce in modo diverso e faranno apparire il dente molto più luminoso. Per questo genere di trattamenti viene utilizzato anche il perossido di carbammide, il quale non è altro che perossido di idrogeno (il vero agente decolorante) combinato all’urea, che ha il compito di alzare il pH e svolgere azione antibatterica.

Sul lato pratico, vediamo cosa dobbiamo aspettarci da una seduta di sbiancamento: dopo la vostra regolare seduta di igiene orale professionale, verrete sottopposti a una visita, nel corso della quale verranno scattate delle fotografie della vostra dentatura e valutato il colore di partenza. In quell’occasione verrà concordata con voi anche la tipologia di sbiancamento migliore per i vostri denti e per il vostro stile di vita.

Esistono due tipologie di sbiancamento professionale:

1. In office: il trattamento viene effettuato interamente presso lo studio dentistico in una o due sedute di circa un’ora. Dopo aver isolato la gengiva, viene applicato un gel sulla superficie del dente, contenente una percentuale di perossido di idrogeno che varia dal 29 al 40%. Solitamente si tratta solo la zona del sorriso quindi dal premolare di destra a quello di sinistra, sia per l’arcata superiore che quella inferiore. Il gel può essere lasciato agire da solo oppure attivato da una lampada polimerizzatrice o, in alcuni casi, dal laser: l’attivazione ha il compito di velocizzare il trattamento, ma non è sempre necessaria, dipende dalle istruzioni dell’azienda produttrice. In una seduta si fanno due applicazioni del gel e, se necessario, se ne fa una terza a una settimana di distanza. È un trattamento veloce, indolore e sicuro, nel quale si è sotto stretto controllo del professionista e il risultato è garantito!

2. Domiciliare: questo trattamento prevede una prima fase in studio, durante la quale vengono prese le impronte dei denti, sulla base delle quali viene creata una mascherina con aggiunto una specie di serbatoio che servirà per contenere il gel. Dopo essere stato istruito e informato, il paziente dovrà portare la mascherina con all’interno la sostanza sbiancante tutte le sere, per un tempo che varia, anche qui, in base alla concentrazione del principio attivo, per circa due settimane. Rispetto al trattamento in studio si utilizzano percentuali inferiori di perossido di idrogeno (il più usato contiene 16% di perossido di carbammide), per un periodo di tempo più prolungato. È fondamentale seguire attentamente le istruzioni date dal dentista o dall’igienista e non esagerare con i tempi di esposizione.

Entrambi i trattamenti sono sicuri e non danneggeranno la struttura del dente: come unico effetto collaterale si potrebbe verificare un aumento della sensibilità dentinale, risolvibile utilizzando dei prodotti remineralizzanti nei giorni successivi. La durata a lungo termine dipende moltissimo dallo stile di vita: durante tutto il trattamento, soprattutto quello domiciliare, sarebbe opportuno evitare il fumo e tutte le sostanze colorate.

In conclusione, vorrei sottolineare ancora una volta che prodotti miracolosi, risolutivi e a basso costo purtroppo non esistono: per avere i denti bianchi bisogna solo affidarsi a mani esperte che conoscono i tessuti dentari, sanno come reagiscono e sapranno proporvi il trattamento più adatto a voi!

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