Intervista a Edoardo Montrasio: chirurgo maxillo-facciale e founder di @punturine

Comincio col dire che il dottor Edoardo Montrasio è una persona intelligente (si capisce in fretta) e che mi fa molto ridere (cosa che capita sempre più di rado ultimamente). Forse è per questo – oltre che per la sua laurea in medicina e la specializzazione in chirurgia maxillo-facciale – che ho deciso di fargli qualche domanda su un argomento caldissimo: la medicina estetica. Il tempo vola, ho compiuto 46 anni. Esito a intervenire, ma voglio saperne di più. Da chi devo andare? Cosa devo fare? Devo farlo? Perché? Con questa intervista, che condivido con voi, di cose ne ho scoperte un bel po’. 
 
Ciao Edoardo! Partirei con una breve presentazione: chi sei, da dove vieni, dove vai e di che segno sei?
Ciao! La faccio brevissima: sono Edoardo Montrasio, vengo dal basso varesotto, o nord milanese, insomma quella terra di mezzo di pianura, snodi autostradali e inquinamento atmosferico comunemente nota come »provincia». Ti risparmio la deriva autoanalitica sul dove stia andando, fingendo di non aver capito la domanda: sto andando a Roma su una Freccia, sono l’unico dei quattro posti, posso stendere le gambe, sto bene. Sono Vergine ascendente Scorpione. Non so nulla di astrologia, ma mi sembra di aver capito che questa combinazione mi faccia partire senza i favori del pronostico.

Urge un tema natale approfondito… Qual è la tua formazione e perché hai deciso d’intraprendere questa professione
Sono uno specialista in chirurgia maxillo-facciale che ha deciso di intraprendere questa professione per lo stesso motivo che ha guidato tutti i medici della mia generazione: i telefilm dei primi anni duemila. Muovendoti in un ospedale ti puoi accorgere di quale sia il medical drama di ispirazione di ogni professionista… chi House, chi Grey’s Anatomy, chi la Dottoressa Gió (pochi, devo dire). Nel mio caso la mia formazione pesca a piene mani da Scrubs, per dire qualcosa che non si trova nel CV.
 
Come è nato il  «progetto Punturine»?
«Punturine» è nata qualche anno prima del suo lancio ufficiale ed è rimasta lì nel cassetto delle cose-che-potrebbero-essere-ma-non-sono fino all’inizio di questo 2023. È stata un’esigenza comunicativa: mi aveva stufato la ricerca continua del sensazionalismo o della medicalizzazione di questa professione, da parte di chi la svolge. Ci ho sempre letto una volontà di giustificarsi: come a temere di fare qualcosa che non avesse abbastanza valore; una ricerca quasi televisiva (nella peggiore accezione del termine) di commozione, di emotività un tanto al chilo («ora che hai il mento 3mm più sporgente puoi finalmente tornare a credere in te stessə»), un utilizzo ossessivo e, soprattutto, trasversalmente ripetitivo di termini che si sono svuotati del loro significato (armonia, naturalezza ed equilibrio sono concetti impliciti in questa disciplina: nessun cardiologo si fa pubblicità dicendo che per lui è fondamentale che batta il cuore). Uno dei mantra di questo tipo di comunicazione è «non sono solo punturine». Ed eccoci qui.

L’argomento medicina estetica è caldissimo: si parla del trend Baby Botox (fra gli altri) e mi sembra evidente che una certa idea di bellezza si stia imponendo anche (soprattutto?) fra i/le più giovani. Cosa ne pensi? 
Il Baby Botox ha una storia interessante e secondo me molto puntuale rispetto alla domanda che hai fatto. Nasce diversi anni fa riferendosi alla pratica di usare botulino a dosaggi inferiori rispetto a quelli abituali e in persone più giovani rispetto alla media del trattamento: «baby» non era infatti riferito al botox, ma a chi si sottoponeva alle iniezioni. La modulazione della tossina botulinica, i dosaggi personalizzati, la preservazione della mimica, sono poi diventati pratica comune, così come è comune l’utilizzo in persone giovani, per cui non aveva più senso parlare di Baby Botox in quei termini. Però il nome è catchy, funziona. Allora cosa fare? Negli anni Novanta (perdonami il flashback, è funzionale, giuro) la medicina e la chirurgia estetica rappresentavano uno status symbol, ma il mondo era molto meno collegato, per cui, per farlo sapere, i risultati dovevano essere visibili, esagerati. Nei primi duemila quella cosa lì è diventata cafona, la medicina e la chirurgia estetica andavano fatte in segreto, i risultati dovevano essere il più naturale possibile, non si doveva sapere, non si doveva vedere. Negli ultimi tempi il ricorso a queste pratiche è stato ri-sdoganato ed è diventato più accessibile pur recuperando il suo ruolo di simbolo di benessere, sia fisico che economico. I risultati più ambiti, però, restano quelli «nascosti» o preventivi: come fare a parlarne, quindi, a farlo vedere? Abbiamo molti più canali per farlo rispetto agli anni Novanta e qui torna il discorso sul Baby Botox: il nome era troppo trend friendly per essere sprecato, ma non aveva più un corrispettivo nella pratica clinica più recente, per cui lo si è associato ad altri trattamenti: in studio viene chiesto il Baby Botox di cui si parla su TikTok e vengono eseguite altre pratiche a base di botulino (mesobotox, biobotulino) che, semplicemente, sono un’altra cosa.
 
Grazie per il chiarimento. Una domanda che sorge spontanea: qual è il tuo ideale di bellezza?
Io non ho un ideale di bellezza, o almeno non credo esista un ideale morfologico di bellezza, i canoni sono talmente mutevoli che le nostre regole geometriche non vogliono dire praticamente nulla in termini di ciò che è bello oppure no. È bello tutto ciò che colpisce, che crea un ricordo positivo, che stimola una reazione, è bello nonno nella foto da giovane, uno spaghetto allo scoglio bianco in Riviera ai primi di giugno, il naso di Vincent Cassel.
 
Sono molto d’accordo con te, soprattutto su Cassel. Ma ultimamente mi sembra che anche il concetto d’invecchiare sia cambiato. Lo chiedo proprio a te: si può farlo con grazia, senza ricorrere alla chirurgia? Per me personalmente, che ho ormai una certa età, è anche una questione filosofica, esistenziale.
La prima cosa da accettare è che non si può non invecchiare: un concetto che per chi come me è entrato in crisi di mezza età a 25 anni è piuttosto forte. La seconda è che contrastare l’invecchiamento estetico non è un valore, così come non lo è accettarlo. Invecchiare non vuol dire solo peggiorare la qualità cutanea, si invecchia nei modi di fare, si invecchia soprattutto nei modi di pensare e se parliamo di invecchiare con grazia, a mio modo di vedere, bisogna mettere in equilibrio tutti questi fattori. Appurato questo, la medicina estetica può aiutare (e anzi a mio avviso trova la sua applicazione più interessante) nell’addolcire i segni del tempo, ma c’è chi la grazia dell’invecchiamento la trova anche e proprio in quei segni o chi semplicemente se ne frega. Tutti approcci ugualmente validi. Finché non dissociamo l’intervento estetico dalla pressione sociale riguardo a come dovremmo essere o invecchiare questa disciplina sarà sempre controversa, prestando il fianco a chi la accusa di assecondare la centralità dell’apparire. Invece riguarda solo se stessi, l’abitare il proprio corpo e la libertà di disporne.
 
Passiamo alla pratica: quali sono le cose più importanti da tener presente quando ci si approccia alla medicina estetica?
Un po’ lo abbiamo anticipato: bisogna sempre tenere presente che la medicina estetica è nella maggioranza dei casi un vezzo, che non dice nulla di noi, se non che ci piacerebbe avere labbra più grosse o meno rughe o capelli meno deboli, per dirne tre. Bisogna trattarla con la giusta leggerezza – che non vuol dire con superficialità (soprattutto da parte di chi ha la siringa in mano). Poi dobbiamo ricordare che la medicina estetica più funzionale è spesso un percorso, qualcosa che entra nel pacchetto di tutto quello che facciamo per prenderci cura del nostro corpo, del nostro aspetto e del benessere che ne può derivare. Come la skin care, l’attività fisica, l’alimentazione, il parrucchiere. Va pensata in questa maniera e non come un’esperienza una tantum da provare, come fosse paintball o il bungee jumping.
 
Come si sceglie il medico e il trattamento più giusto per sé?
Le due cose sono conseguenti. O meglio, di fatto è importante solo la prima. Scegliere una persona di cui ci si fidi e di cui si condivida il gusto estetico e lasciare che sia lei a dirvi come può aiutarvi nel percorso che vorreste intraprendere: il trattamento non si sceglie (io per esempio non ho un listino per questa ragione), è un intervento medico proposto da un/a professionista sulla base della vostra percezione, del vostro vissuto, di cosa non convince e cosa si vorrebbe cambiare o migliorare: «vorrei correggere le occhiaie» e non «vorrei fare il filler alle occhiaie» (a me personalmente è capitato anche «fate il nanofat alle occhiaie?») così come dal gastroenterologo si dice «ho mal di stomaco» e non «vorrei fare una gastroscopia». Parallelamente, a mio parere (ma su questo c’è dibattito con chi fa il mio lavoro), non dovrebbe neanche essere chi esegue il trattamento a scegliere per voi di fare qualcosa a cui non avevate mai fatto caso, va trattato solo quello che non piace a voi, non quello che non piace a me. Come faccio allora a scegliere una persona di cui fidarmi? Bella domanda, dovremmo parlarne in maniera più approfondita. Spoiler: lo faremo!

Quanti tipi di trattamenti esistono? Ce ne sono di più o meno invasivi, più o meno «reversibili»?
Mi divertirebbe molto poter rispondere a questa domanda con un numero secco: esistono 26 tipi di trattamenti estetici, però non so davvero quantificarli. I trattamenti sono molti, ci sono interventi preventivi, interventi anti-age, interventi volumetrici, interventi morfologici e ognuno di questi può essere eseguito con tecniche diverse, prodotti diversi, macchinari diversi e davvero se dobbiamo elencarli non finiamo più. L’invasività della medicina estetica è sempre relativamente bassa, sono tutti trattamenti che si possono fare in pausa pranzo, ed è vero che nella maggior parte dei casi sono reversibili o comunque «a tempo». Ma attenzione, che le complicanze possono anche non esserlo… per cui non vale la pena affidarsi a questo pensiero per farsi fare un rinofiller in un sottoscala, a 200€ in meno della media. 
 
Possiamo parlare di prezzi? 

Certo! Anzi dobbiamo parlare di prezzi.  La maggior parte dei messaggi che ricevo (e come me immagino chiunque faccia questo lavoro) sono richieste di info sui costi, spesso in un contesto di richieste a tappeto, alla ricerca del più conveniente. Noi stessi curiosiamo tra i prezzi degli altri per capire in che fascia di mercato ci stiamo inserendo. Sicuramente esiste una variabilità, ma la cifra che speriamo di guadagnare con un trattamento è sempre più o meno la stessa quindi bisogna capire dove sta risparmiando chi vi offre un trattamento a prezzo considerevolmente più basso. Tolti i costi fissi di studio (bollette, affitti, garze, guanti e tutte quelle cose lì), di assicurazione e di formazione – su cui è impossibile risparmiare – si possono tagliare i costi in tre maniere: usando materiali più economici, dedicando meno tempo al paziente, tipo catena di montaggio, o evadendo le tasse. Ma facciamone una questione di numeri e riferimenti specifici, che aggiungono un po’ di pepe: sul mercato di Milano e dintorni mi insospettiscono filler standard a partire da meno di 300€, procedure più delicate come rinofiller o filler occhiaie a meno di 380€, i botox venduti «a zona», i trattamenti che prevedono più sedute per essere efficaci, in cui se ne fai un tot una ti viene offerta (ne potrei fare una in meno allora?) e in generale tutte le promozioni («se mettete uno stent nel mese della festa della mamma, un ecocardiogramma a metà prezzo per vostra madre»… non suonerebbe strano?)
 
Qual è il trattamento più richiesto nel tuo studio?

Direi un testa a testa, le frasi che mi sento dire di più sono «io vorrei fare un po’ le labbra» e «mi sta cadendo la faccia»… espressione che scoperchia il vaso di Pandora dei trattamenti bio-stimolanti/rivitalizzanti/ristrutturanti.
 
Qual è il tuo approccio rispetto alle richieste che ti vengono fatte? Ti sei mai rifiutato di fare qualcosa?

Mi fa sempre un po’ sorridere quando mi chiedono le «beautification»: è un termine che trovo assurdo, come se io fossi il depositario della verità sul concetto di bellezza… zan-zan-zan ti rifaccio mento, mandibola, naso, labbra e zigomi e adesso sì che sei bellə, mica come prima. Ovviamente mi sono anche rifiutato di fare interventi che non ritenevo adeguati o che nelle mie mani non avrebbero raggiunto il risultato desiderato da chi avevo di fronte, ma non ne farei un vanto, credo succeda a chiunque. Anche tutte le altre specialità mediche capita di visitare un paziente preoccupato e mandarlo via dicendo «lei sta benissimo», il tecnico della lavatrice non me la ripara se non è rotta e al ristorante se chiedo due cucchiai di nutella sulla carbonara magari cercano di convincermi a non farlo. Il fatto che ogni tanto venga usata questa abitudine come qualcosa di cui essere fieri mi lascia sempre un po’ perplesso.
 
Che cosa vorresti fare con MUSA?
Credo possa essere interessante una piccola guida al paziente per orientarsi in questo mondo, soprattutto per leggere in maniera più critica quello che ci viene proposto su internet, capire le strategie pubblicitarie e su quali particolari soffermarsi per capire se siamo di fronte al profilo che stavamo cercando: insomma un bugiardino per sgrassare da tutte le sovrastrutture le pagine che ci interessano e capire se continuano ad interessarci, con qualche dritta su quello che ci si dovrebbe aspettare una volta che si arriva in studio.
 
C’è qualcosa che vorresti aggiungere prima di salutarci e rivederci presto su questi schermi?
Direi che se vado avanti a parlare più che un’intervista pubblichiamo un libro. Mi prendo solo un altro secondo per ringraziarti un sacco di questa intervista, mi ha fatto molto piacere e spero non ti sia pentita di avermi invitato.

Direi proprio di no. Ci rivediamo però (tra le altre cose) anche per il tuo tema natale…

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