martedì, 14.10.2025
Luna nuova Luna crescente Luna crescente Luna piena Luna calante Luna calante Luna nuova
martedì, 14.10.2025
Luna nuova Luna crescente Luna crescente Luna piena Luna calante Luna calante Luna nuova
/ Arte & Cultura

L’autunno a Stars Hollow: 25 anni di «Una mamma per amica»

«Twenty-five years ago, a show called Gilmore Girls premiered, and apparently took the season of fall hostage», dice Lauren Graham alla cerimonia degli Emmy di quest’anno, mentre dal portico della casa che fu della sua Lorelai Gilmore – per ben sette stagioni (e un revival) – presenta insieme alla figlia televisiva Alexis Bledel (Rory), i candidati per la categoria Best Writing in Comedy della passata stagione TV.

Alle soglie di un nuovo autunno, non appena cade la prima foglia secca e l’aria si fa frizzante, non si può che concordare con quanto dice Graham: come in preda a un incantesimo stagionale abbiamo sempre voglia di ritornare a passeggiare tra le vie e le storie di Stars Hollow. 

 Gilmore Girls è andata in onda per la prima volta su WB il 5 ottobre del 2000  (in Italia, con il titolo Una mamma per amica, invece dal 2002), ma ha consolidato definitivamente il suo status di serie cult quando è stata resa disponibile su Netflix America nel 2014 – e nel 2016 a livello globale. Il successo della serie è stato coronato da un revival (più o meno apprezzato) suddiviso in quattro parti, uscito il 25 novembre dello stesso anno.

Quella che all’inizio poteva sembrare una serie «piccola», uno show-family dall’aria amichevole, quasi marginale rispetto ai colossi televisivi dei primi anni duemila (ricordiamo The Sopranos, Sex and The City, Lost!), è diventato un fenomeno culturale duraturo che, negli anni, ha generato eventi come questi, numerosi podcast a tema, la ripubblicazione del romanzo e la permanenza della serie su ben due piattaforme: Netflix e Disney+.

Sui motivi di questo successo ognuno ha le sue convinzioni, qui proviamo a metterne insieme qualcuna.


«Okay,  so you don’t like orange. That’s fine.

Autumn has many varied hues to toy with.» 



Per Una mamma per amica l’autunno non è solo una cornice estetica, ma la sua stagione naturale. A Stars Hollow ci sono zucche in ogni angolo, il foliage è perfetto, i caffè sono sempre bollenti e Lorelai sa fiutare in anticipo il primo fiocco di neve. Qui le stagioni vivono nella loro forma ideale: le piogge sono rarissime e non c’è mai nevischio grigio ai lati della strada, solo cieli tersi e boschi variopinti.

La malinconia del cambio di stagione cede il passo a un caldo abbraccio, visivo ed emotivo, e la serie dà vita a quella che oggi definiamo un’estetica cozy. Come dice bene Lauren O’Neill in questo articolo sul Guardian, ogni episodio racchiude un senso di nostalgia e trasformazione: come le foglie, i personaggi si rinnovano, tra relazioni che iniziano e finiscono, scelte sbagliate sempre seguite da infinite, nuove possibilità. 

Gilmore Girls romanticizza l’ordinario, regalandogli ciò che spesso manca alla vita reale: finali soddisfacenti, seconde occasioni, battute fulminanti. Stars Hollow diventa un luogo in cui rifugiarsi, quando il mondo fuori è troppo complicato. Un posto un po’ più vivido, un po’ più magico, che restituisce ogni anno lo stesso senso di confortevole nostalgia.


«It’s all any of us wants, to find a nice person to hang out with ‘till we drop dead»


 

Diciamolo: una parte consistente del piacere che nasce guardando Gilmore Girls deriva anche dalla sua spiccata propensione ai triangoli sentimentali e alle avventure romantiche.

Quando mi sono approcciata alla serie ero sicura che sarei rimasta «team Jesse» per sempre e invece – stupita quasi quanto Rory – mi sono innamorata senza riserve anche di Logan Huntzberger. (Posso anche confessare il momento preciso, ovvero praticamente subito: quando lui le stringe la mano e la convince a saltare da una struttura altissima con in mano l’ombrello).

L’eterna domanda comunque rimane: con chi dovrebbe stare Rory? Dean? Jesse? Logan? Qualcuna ci mette in mezzo anche Tristan (anche perché se Chad Michael Murray non fosse stato impegnato in One Tree Hill probabilmente sarebbe tornato e forse non avremmo mai avuto un Logan).

Lorelai non è da meno: tre proposte di matrimonio (di cui una a Parigi come nelle migliori rom-com), un amore adolescenziale difficile da dimenticare (Christopher è spesso insopportabile, ma ha i suoi momenti) e uno, proprio davanti agli occhi, con cui però non sembra mai di essere perfettamente in sincrono (per me comunque, è sempre stato solo Luke, anche quando hanno voluto tirarla per le lunghe con tutta la questione della figlia ritrovata).

Eppure, con il passare del tempo, si capisce che nessuno di loro è mai stato davvero il centro della storia. Erano tappe, deviazioni narrative, occasioni per crescere e, in parallello, confrontarsi con le proprie scelte. Il punto non era chi alla fine avrebbe conquistato le Gilmore, ma come queste relazioni le avrebbero trasformate. I fidanzati, gli amori non erano fondamentali (ma tifare per uno o per l’altro è stato comunque divertente): il cuore pulsante era altrove.


«Well, I think we officially reinstated Friday Night’s dinner»


 

Più di tutto, infatti, Gilmore Girls è una storia di donne che imparano a essere madri, di figlie che provano a essere madri, e di madri che reimparano a essere figlie. Come dice anche Kelly Bishop (Emily Gilmore) nel suo memoir, lei è la terza Gilmore Girls e chi non l’avesse considerata tale non ha prestato abbastanza attenzione. Il rapporto tra Emily e Lorelai, infatti, ancor più di quello tra Lorelai e Rory, è uno degli archi narrativi più emozionanti e intensi della serie. In molte hanno fantasticato su una madre come Lorelai ma, il più delle volte, ci siamo scontrate con una madre come Emily (o Mrs Kim): una madre intransigente, che non ci capiva al volo, che voleva esserci ma non sapeva come fare senza essere esageratamente controllante o invadente. Nell’arco delle sette stagioni, mentre anche il rapporto tra Lorelai e Rory cambia e si complica, quello tra Lorelai e sua madre segue una sua traiettoria turbolenta, e allo stesso tempo confortante, alla quale siamo davvero grate di poter assistere. 

Non solo madri, ma anche padri che cercano di essere all’altezza del ruolo (Luke con Jesse e poi con April, Richard con Lorelai, Christopher con Rory) e famiglie in generale. Lo spirito della serie è forse racchiuso in questa dichiarazione del 2002 di Amy Sherman Palladino: «Gilmore Girls is “a family show”, which means we write about real family life, and that encompasses deep emotional pain, awfulness, and Prozac and hopefully therapy, and a lot of happy and funny stuff as well». E nei cinque minuti finali della tredicesima puntata della sesta stagione, quando Rory, Lorelai, Richard ed Emily si trovano a una cena del venerdì sera e passano il tempo a litigare, ridere, mangiare, scusarsi, dimostra a chi li segue da tutti quegli anni che sono – a tutti gli effetti – una vera famiglia.


«A little nervous breakdown 

can really work wonders for a girl.»


 

Ho chiesto a un amico – fan di lunga data di Gilmore Girls – se il fatto che, nello speciale Gilmore Girls-A Year in the Life, Rory non avesse raggiunto praticamente nessuno dei suoi obiettivi di vita, fosse un modo di criticare lo stile genitoriale di Lorelai. Lui mi ha detto che era un modo per mostrare a quei giovani adulti cresciuti pensando di essere plusdotati, brillanti e i più intelligenti della stanza, che alle volte la vita fa schifo, che le cose non vanno esattamente come vorresti e che devi accettare di essere fallibile, di avere un percorso dissestato; e che devi comunque provare a continuare ad avere fiducia, anche nelle interruzioni e negli imprevisti. Un’altra amica – ormai al sesto rewatch – sottolinea che Rory ha acquistato tridimensionalità, ed è diventata interessante, soprattutto nel momento del fallimento.

Il messaggio in tutta la serie, in fondo, è sempre stato questo. 

Gilmore Girls è una serie confortevole, che non cerca di essere consolatoria: inseguire i propri sogni è difficile, diventare chi si desidera non è una linea retta, bisogna accettare di litigare, di fare delle deviazioni, di perdersi e di non sentirsi all’altezza. Bisogna insistere, continuare a impegnarsi e fare affidamento sulle persone che ci amano e ci supportano. Solo così ne vale la pena.


«Let’s meet at Luke’s


 

Ci mettiamo davanti a Gilmore Girls perché è divertente, commuove, rassicura. Torniamo a Stars Hollow per mangiare hamburger, tacos, Pop Tarts e muffin senza ingrassare di un grammo, per avere sempre la risposta pronta, per stupire gli uomini con battute argute, per indossare outfit anni 2000 e sentirci stupende, per innamorarci di cattivi ragazzi dal cuore d’oro e ricchi ereditieri, ma soprattutto perché sappiamo che a Stars Hollow, nonostante gli inciampi, le cose si sistemeranno sempre e che, se dovessimo sentirci sole e infreddolite, tutte quello che dobbiamo fare è, come canta Carole King nella sigla, call that name o – ancora meglio – infilarci sotto una coperta e accendere la tv.

 

TESTO: AMBRA USELLINI
ILLUSTRAZIONE: GIULIA BERTASI