Rieccoci. È passato abbastanza tempo e abbiamo dimenticato tutte le cose dette finora: che questo sia uno stimolo a rileggere tutti i capitoli passati, perché non si può fare sempre affidamento sui riassunti, bisogna anche saper essere artefici del proprio destino. Bene.
Una delle prime domande che ogni paziente si fa, saggiando la possibilità di sottoporsi a un trattamento di medicina estetica è: quanto dura? Ora: mi piacerebbe ci fosse una risposta lineare, come i minuti di cottura della pasta – che si può mettere il timer e scolarla quando suona – ma non è esattamente così. Procediamo quindi per gradi, per mettere in ordine le idee, partendo dalle risposte facili.
1) Il botox dura quattro mesi. Dopo sei mesi non ce n’è più traccia. Recentemente, alcuni studi sugli integratori a base di zinco sembrano suggerire che questi possano avere un ruolo nel prolungare l’effetto della tossina, ma per ora sono ancora, diciamo, non convincenti.
2) Le biorivitalizzazioni/biostimolazioni/bioristrutturazioni e tutti i trattamenti di questa famiglia, spesso raggruppati, talvolta impropriamente, alla voce «vitamine» (o comunque quegli interventi che stimolano la produzione di collagene) prevedono protocolli di più sedute ravvicinate e un mantenimento che, a seconda del prodotto, è organizzato in due/tre/quattro sedute annuali. Il mantenimento non è solo una cristallizzazione del risultato ottenuto con il protocollo di attacco, ma consente un suo progressivo miglioramento nel tempo.
3) Per quanto riguarda i filler la questione si complica un po’. È fondamentale distinguere due concetti: la durata dell’effetto e il tempo di riassorbimento totale. Prima che un filler si riassorba completamente servono anni, ma perderà un po’ della sua struttura e della sua definizione nel tempo ed è per questo che dopo un periodo variabile, generalmente tra gli 8 e i 12 mesi al primo trattamento, è comune desiderare un ritocco, proprio perché si vede l’effetto iniziale un po’ attenuato. Il filler però è ancora presente, per cui basteranno poche gocce di prodotto per restaurare il risultato di prima. Inoltre, il corpo umano reagisce alle iniezioni con processi di guarigione che, sul lungo periodo, creano modificazioni permanenti. Comunemente si parla di questo fenomeno dicendo che il filler «si integra» nei tessuti. Non è completamente corretto, ma può rendere l’idea: è comune pensare che il filler agisca come quando si gonfia una ruota, che piano piano si sgonfierà (una paura comune – per chi lo ragiona in questi termini – è l’effetto «espansore», per cui sgonfiandosi resterà come della pelle in eccesso, del tessuto che, per usare un termine tecnico-scientifico, potremmo definire «floscio». Paura infondata). Un’immagine che invece richiama l’effettivo comportamento dei filler a base di acido ialuronico è quella di una spugna (la pelle) i cui fori vengono riempiti da tanti piccoli palloncini (il filler) che ne aumentano il volume e che richiamano acqua facendo in modo che anche la spugna si impregni. Nel tempo questi palloncini perderanno la tensione iniziale (come quelli dimenticati per qualche giorno alla fine delle feste) ma rimarranno al loro posto con il loro volume residuo, cambiando comunque la struttura iniziale della spugna. Ci sono studi con risonanze magnetiche che ritrovano tracce di filler a base di acido ialuronico anche fino a 10 anni dopo il trattamento ed è esperienza comune per chi fa questo lavoro dover sciogliere accumuli di acido ialuronico posizionato diversi anni prima. Attenzione, non è che il filler posizionato bene si riassorbe e quello posizionato male no: è che quello posizionato bene, generalmente, ci piace e ce lo teniamo.
Questo punto è piuttosto interessante e ci fa riflettere su un paio di argomenti. Il primo è l’approccio ai filler. Chi è passatə in studio da me l’ha già sentito e può saltare le prossime righe ma lo ripeto comunque: bisogna approcciarsi ai filler con la stessa consapevolezza con cui ci si fa un tatuaggio, è una modifica estetica, anche solo decorativa, del nostro corpo fatta con l’idea di tenersela per sempre, se poi dovessero insorgere problemi o si dovesse cambiare gusti c’è modo di tornare indietro, così come con i tatuaggi, ma nessunə se ne farebbe uno pensando che tanto se non piace si può fare il laser per toglierselo. La seconda riflessione riguarda la scelta della persona a cui affidarsi: il primo lavoro detterà la strada dei successivi. Capita spesso che qualcunə ricerchi prezzi più bassi o soluzioni più comode, con l’idea che se tanto il filler non viene perfettamente dopo sei mesi non c’è più, invece, è come farsi tatuare dall’amico dell’amica per poi pentirsene e cercare un’altra persona più affidabile ed esperta per un cover-up, sapendo che non si potrà fare ogni cosa che si vuole proprio perché il vecchio tatuaggio impone dei limiti che non possono essere aggirati.
Ma quindi, perché se i filler rimangono così a lungo esistono casi di trattamenti ripetuti fino a ottenere visi gonfi che sembrano di gomma? Quando si utilizzano i filler per ripristinare volumi persi si sta trattando un sintomo (una piega che si è accentuata, una zona che si è svuotata) causato dal cedimento e riassorbimento dei tessuti, che avviene fisiologicamente nel corso della vita. Questo processo continua anche dopo aver utilizzato un filler e quando torneranno a vedersi svuotamenti o rughe non sarà a causa del riassorbimento del filler, ma a causa dell’avanzare dell’invecchiamento cutaneo. E se non si interviene su questo, ma si continuano ad aggiungere riempitivi su riempitivi, questi si accumuleranno, facendo perdere definizione dei lineamenti del volto e spingendo a utilizzarne sempre di più per provare a ridisegnarli… fino a ritrovarsi con quei volti che non fanno un’ottima pubblicità a questa disciplina.
E come si interviene allora sull’invecchiamento cutaneo? Con i trattamenti del gruppo 1 e 2 elencati sopra, lasciando ai filler il compito di rinforzare il dettaglio, accentuare la sfumatura, ripristinare la definizione e la struttura profonda.