- Bellezza
Cefalometrie, simmetria, proporzioni ideali: armonizzazione o standardizzazione?
La medicina estetica da qualche anno punta sempre di più a promuovere trattamenti globali del volto e dell’aspetto delle persone: li chiama Full Face, Beautification, armonizzazioni facciali, Face Harmonization e via così… alla ricerca del nome più catchy. Ma di cosa si tratta e che valore hanno? Se avete già letto qualche articolo di questa rubrica, forse avrete già in testa dove si sta andando a parare, ma andiamoci a parare lo stesso con calma.
• Breve storia della «bellezza perfetta»
Lo studio delle proporzioni, delle simmetrie e dei rapporti tra porzioni specifiche dei volti – alla ricerca di una definizione oggettiva della bellezza e di ciò che fosse indiscutibilmente attraente –, ha radici decisamente lontane e una storia che copre un lasso di tempo che va dall’antico Egitto a oggi.
È un argomento, insomma, su cui tendiamo a sbattere la testa con una certa costanza.
Si parla comunque di una ricerca prettamente artistica, personale e quasi filosofica fino alla prima metà del ‘900 (e alla fine del secolo precedente), quando alcuni ortodontisti iniziano a definire modelli misurabili e riproducibili dei rapporti ideali tra i vari elementi dello scheletro facciale: tracciando linee, angoli e distanze (calcolabili su una radiografia di profilo eseguita in una posizione codificata e ripetibile), rappresentativi inizialmente dei rapporti cranio-facciali e dentoscheletrici più funzionali – e in un secondo tempo dell’estetica ideale di un volto (di un volto di un uomo bianco americano degli anni ‘50, ma ci torneremo).
• Robert M. Ricketts e la Divine Proportion
Tra gli studi più ripresi in medicina estetica, in questo senso, ci sono quelli di Robert M. Ricketts (anche lui ortodontista). Un po’ forse perché più immediati, un po’ perché esplicitamente riferiti a quel miraggio che ha attraversato tutte le epoche della nostra storia di esseri umani, della «bellezza oggettiva» che, secondo lui, si rifà direttamente alla Divine Proportion – in altre parole, al rapporto aureo (Divine Proportion In Facial Esthetics, The Biologic Significance Of The Divine Proportion And Fibonacci Series entrambi pubblicati nel 1982). Sull’effettiva applicazione della sezione aurea in estetica e sulla sua presenza trasversale nella storia dell’arte, almeno nella nostra immaginazione culturale, ci sono molti articoli (uno recente molto interessante si può leggere interamente e gratuitamente online e si chiama «The Golden Ratio – Dispelling The Myth» di Farhad B. Naini, del 2024) che sostanzialmente possono essere riassunti dicendo che ci è piaciuto crederlo.
Ok, e quindi? Era un cappello introduttivo.
• La fascinazione del trattamento Full Face
Torniamo alla pratica clinica: qual è la fascinazione alla base di un trattamento Full Face? Estremizzandola, potremmo dire: non mi sento abbastanza bellə e vado da un espertə che fa la magia. I nostri feed (o per lo meno il mio, che sono condannato a non vedere altro ogni volta che apro un social network) sono invasi di prima e dopo sensazionalistici. In questi si parla con tono (pseudo)scientifico di difetti, inestetismi e mancanze come se fossero dati oggettivabili in una maniera che non sia semplicemente una distanza da ciò che, in media, è più probabile che piaccia.
È su questo campo che si gioca il grosso fraintendimento della medicina estetica. Facciamo un esempio facile: statisticamente se ci mettiamo a fare un sondaggio sono di più le persone a cui piace il naso dritto rispetto a quello con una gobbetta e questo vuol dire che in uno studio di medicina estetica ci saranno più richieste di raddrizzare una gobbetta rispetto a crearne una su di un naso dritto.
Se aprisse un centro specializzato in rendere all’ingiù dei nasi dritti verrebbe trattato come uno pneumologo che consiglia di fumare, ma in realtà da un punto di vista medico-sanitario il suo impatto sulle persone che lo frequenterebbero sarebbe sovrapponibile a quello di un centro specializzato in raddrizzare nasi con la gobba: stessi rischi e stesso rapporto rischio/beneficio, dove il beneficio è vedere realizzato un proprio desiderio estetico, con tutte le conseguenze personali a cui questo può portare.
Se però l’espertə mi dice che, affinché sia bello, il naso deve essere dritto, il mento deve essere portato avanti secondo la E-line di Ricketts, lo zigomo deve essere più prominente, il rapporto tra le labbra deve rispettare il rapporto aureo, mi sta dicendo che quello che non segue i modelli di cui abbiamo parlato precedentemente, costruiti principalmente su campioni di uomini bianchi occidentali, automaticamente non è bello. Il bias culturale è evidente, e porta sempre più pazienti spaesatə a entrare in studio chiedendo genericamente di «armonizzare», perché questo modo di raccontare l’estetica contribuisce a far sentire chi non si riconosce in questi modelli come «non armonico» per definizione scientifica. Se Adam Driver o Aimee Lou Wood entrassero oggi in una clinica milanese gli farebbero un preventivo da 5000€, però sono anche dei sex-symbol, quindi c’è qualcosa che non torna.
• Riconoscere i modelli estetici
Non c’è poi nulla di male nel voler modificare i propri connotati anche in maniera significativa, ma è giusto sapere che i trattamenti armonizzanti si basano sugli stessi modelli estetici da anni, su dei canoni, come se questi fossero degli obiettivi da raggiungere. Il risultato sarà quindi quello di avvicinare i propri lineamenti a dei lineamenti standard, che può essere anche un’intenzione dichiarata, a patto che sia consapevole. La mia idea è che i modelli andrebbero intesi più dinamicamente e che servano di più a chi esegue il trattamento, come limiti entro cui orientarsi: sono regole che ci aiutano a tenere sott’occhio la visione complessiva di un volto senza focalizzarci sulla singola caratteristica su cui stiamo intervenendo, rappresentano quindi uno spazio di manovra più che un target.
Ieri è venuta in studio da me una paziente che mi ha detto di aver cambiato medico perché le sembrava che il precedente volesse che i risultati piacessero a lui più che a lei, ed è secondo me una definizione perfetta, oltre che il motivo per cui mi capita di visitare persone che hanno fatto trattamenti senza sapere il perché, «perchè hanno detto che andavano fatti». Ecco, le regole su cui si costruisce un’armonizzazione facciale sono quelle di cui abbiamo parlato fino ad ora, possiamo quindi riprendere il titolo: se il trattamento non si chiamasse Beautification ma Standardizzazione Facciale avrebbe lo stesso appeal?

TESTO: EDOARDO MONTRASIO
ILLUSTRAZIONE: SIMONA IAMONTE